Analogie tra interpretazione e musica

Il 26 e 27 marzo scorsi ho seguito in streaming la 19° conferenza DG SCIC (Direzione Generale Interpretazione della Commissione Europea) – Universities in cui sono stati trattati temi relativi all’interpretazione alle istituzioni europee e alla formazione degli interpreti.

Quest’anno il titolo era “(re)Making connections” e, tra le varie sessioni, ho seguito con moltissimo interesse soprattutto quella dal titolo “Entering the profession. Stakeholders views: bridging the gap” durante la quale i responsabili dei servizi di interpretazione delle istituzioni UE si sono confrontati con docenti delle facoltà di interpretazione sul tema della transizione dall’università alla professione e del fantomatico divario che esiste tra i due mondi dal punto di vista della preparazione degli interpreti.

Tra i vari interventi mi ha colpito molto quello di Patrick Twidle (Corte di Giustizia) che ha paragonato l’interpretazione alle istituzioni europee ad un concerto di musica classica: così come un violinista che non riesce a stare dietro all’orchestra pregiudica l’intera esibizione, allo stesso modo, un interprete che non è in grado di reggere il ritmo del lavoro alle istituzioni UE causa grossi problemi non solo ai colleghi di cabina, ma anche a tutte le altre.

In realtà già da un paio d’anni a questa parte, cioè da quando ho iniziato a studiare uno strumento musicale (guarda caso, proprio il violino), avevo iniziato a pensare alle forti analogie tra questi due mondi: l’interpretazione e la musica. Ecco alcuni elementi comuni.

L’esibizione

E’ ovvio chen musicista si esprima attraverso l’esibizione, ma in un certo senso la stessa cosa vale anche per un interprete. Accendere il microfono e comunicare ad un pubblico quello che sta dicendo un oratore in un’altra lingua è un po’ come andare in scena. In entrambi i casi durante la “performance” bisogna mantenere la concentrazione e cercare di evitare o di limitare al massimo gli errori.

L’ansia da prestazione

E’ la diretta conseguenza del punto precedente. Prima di ogni esibizione per un musicista avere un po’ di ansia è normale, anzi, nella giusta misura è persino un bene, perché lo aiuta a tenere elevato il livello della concentrazione. Idem per un interprete prima di una conferenza importante o prima di un esame.

La costanza

Ogni musicista ha alle spalle anni di studio, ma soprattutto è un campione di costanza. Non è possibile raggiungere risultati eccellenti senza un esercizio quotidiano. Lo stesso vale per un interprete, che deve quotidianamente aggiornare le sue conoscenze linguistiche (leggere e informarsi in tutte le sue lingue di lavoro, compresa la propria lingua madre) e tenere allenate le tecniche di interpretazione (in primis interpretazione simultanea e consecutiva).

La tecnica e l’espressività

Ai musicisti eccellenti non possono mancare, tra le varie caratteristiche, due doti: la tecnica e l’espressività. Analogamente, un interprete deve avere una solida conoscenza delle tecniche di interpretazione, ma deve anche avere una buona capacità espressiva. In altre parole, non conta solo che cosa dice (la correttezza del contenuto), ma anche come lo dice (tono della voce, linguaggio non verbale, registro, ecc.).

L’orchestra

Di solito un musicista non si esibisce da solo, ma con altri musicisti e spesso con un’intera orchestra. E’ quindi fondamentale essere in sintonia con loro: accordare gli strumenti alla stessa frequenza, andare allo stesso tempo e spartirsi bene le parti. Allo stesso modo, un interprete (per lo meno durate l’interpretazione simultanea) lavora all’interno di una squadra che, per fornire un buon servizio, deve avere un’intesa. In un’équipe con una buona sintonia gli interpreti riescono a darsi il cambio senza problemi, sanno aiutarsi l’un l’altro in caso di difficoltà, non si disturbano a vicenda e mantengono un’atmosfera piacevole.

L’improvvisazione

Alcuni stili musicali, ad esempio il jazz, sono basati sull’improvvisazione. I musicisti suonano senza uno spartito: hanno un tema e su quello devono lavorare. Ogni volta che un interprete mette piede in una cabina è consapevole del fatto che è ignaro di quello che verrà detto e che quindi dovrà tradurre. Ovviamente sa qual sarà l’argomento e conosce l’ordine del giorno, ma è impossibile prevedere con precisione quale direzione prenderà l’incontro. Può capitare che ad una conferenza sull’agricoltura venga citato un passaggio della Bibbia o che ad un congresso di medicina si citi il titolo di un film. Anche se un buon interprete ha dalla sua parte un’ottima cultura generale, è ovvio che non potrà sapere tutto e che alcune cose lo lasceranno spiazzato, ma dovrà essere in grado di improvvisare e di trovare la strategia migliore per “rimanere in piedi” in ogni circostanza.

Siete d’accordo con le mie analogie? Ne aggiungereste delle altre?

Emanuela Cardetta
Emanuela Cardetta

Sono un’interprete di conferenza e traduttrice di italiano, inglese, francese e slovacco. Il mio lavoro è aiutare persone che non parlano la stessa lingua a comunicare tra loro in maniera efficace.

Chi sono
4 Comments
  • lituopadania
    Posted at 15:29h, 21 Aprile Rispondi

    Direi che hai tracciato un quadro di analogie molto esaustive, difficile aggiungere altro 🙂

  • Emanuela Cardetta
    Posted at 12:40h, 08 Luglio Rispondi

    Su questa analogia, ecco una breve intervista a Elisabet Tiselius https://www.youtube.com/watch?v=_RO0m37K1is&feature=youtu.be

  • miki kovac
    Posted at 18:48h, 09 Dicembre Rispondi

    secondo me tra la musica ed interpretazione è una forte connessione legata all’orecchio. L’orecchio musicale si definisce come la capacità di comprendere e cogliere, di decifrare un costrutto musicale. Ce gente che ha la capacita di sentire la frequenza del suono in modo assoluto, cioe preciso, ma non solo questo il loro udito riesce identificare in modo eccelente anche l’intensita e colore del suono. Vivendo per qualche anno in Israele mi stupivo dei venditori arabi nel mercato che riuscivano di gridare le loro offerte in inglese, francese, italiano, tedesco, russo, spagnolo addiritura anche in slovacco riconoscendo persino anche la lingua dei turisti. La loro pronuncia slovacca era quasi perfetta eppure sembravano gli uomini molto semplici. Da altra parte ho gli amici direi molto inteligenti che studiano la lingua tutta la vita e non riescono usarla in modo attivo. Mi sono chiesto come mai questa differenza enorme a che cosa è dovuta? La risposta secondo me sta nell’orecchio e non solo per quando riguarda la pronuncia ma soprattutto per la capacita di decifrare la parola o meglio il senso della parola nella frase. Come si dice la lingua deve entrare nell’orecchio. Per esempio ci sono le lingue dove si puo facilmente decifrare la parola nella frase per esempio per me queste sono italiano o tedesco e poi ci sono lingue dove le parole vengono mangiate o non pronunciate bene, io non riesco capire il francese parlato invece il testo scritto abbastanza, la stessa difficolta anche se un po meno e certo dipende dalla pronuncia celho col inglese …

    • Emanuela Cardetta
      Posted at 08:32h, 10 Dicembre Rispondi

      @Miki, grazie per il tuo commento. Sono d’accordo. Per entrambe le discipline l’orecchio è fondamentale

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