Capita spesso che, chiacchierando con amici e/o colleghi interpreti, si parli di un incarico di interpretazione in programma e la maggior parte delle volte salta fuori la domanda del tipo: “Il lavoro di domani sarà difficile?”. E’ una domanda che mi fa sempre sorridere perché in realtà, quando rispondo mi sembra sempre di fare i pronostici sui risultati delle partite di calcio, un po’ come si faceva con la schedina del totocalcio (lo so, questo riferimento al totocalcio mi farà apparire proprio una boomer).
L’interprete e i social media
I social media hanno rivoluzionato le nostre vite, sia nella sfera personale, che in quella professionale. Dal punto di vista professionale, i social media offrono agli interpreti opportunità che anche solo una decina di anni fa erano inimmaginabili. In passato, per fare networking e marketing, le uniche possibilità a disposizione dei professionisti erano partecipare ad eventi, alzare il telefono o inviare un’email. Oggi, grazie a LinkedIn, Facebook o Twitter, a questi canali “tradizionali” se ne aggiungono altri che ci permettono di entrare in contatto o interagire con colleghi e potenziali clienti praticamente con un click. Fantastico, no? Beh… sì e no. Perché se usati male, i social network possono ritorcersi contro di noi e ledere la nostra reputazione.
Vita privata e vita professionale
Se sui social abbiamo profili professionali, probabilmente il nostro obiettivo è trovare nuovi clienti, coltivare gli attuali e confrontarci con i colleghi. Per farlo è importante veicolare un’immagine di noi autentica e professionale, che ispiri fiducia e competenza, evitando quindi contenuti troppo personali. Per chi ama usare i social network per rimanere in contatto con amici e familiari, un’idea potrebbe essere destinare un canale ad un uso esclusivamente professionale, come LinkedIn, e avere un secondo profilo, ad esempio su Facebook o Instagram, con contenuti più personali, in modo tale che i nostri potenziali clienti non finiscano per errore sulle nostre fotografie al mare in bikini!
#viewfromthebooth
I social media strabordano di fotografie di interpretri con l’hashtag #viewfromthebooth #boothwithaview o #terplife che ritraggono l’interprete in cabina, da cui spesso si desumono informazioni potenzialmente sensibili, come il luogo, il tipo di evento e l’identità dei partecipanti, che il nostro cliente potrebbe non avere voglia di diffondere per mille possibili ragioni. Se da una parte è comprensibile che dal punto di vista del marketing si abbia voglia di far sapere a colleghi e potenziali clienti che siamo attivi sul campo, nel nostro lavoro il principio della riservatezza è sacro, e anche se nel contratto che abbiamo firmato non è specificato, prima di postare foto di questo tipo, sarebbe opportuno chiedere il permesso al cliente. A tal proposito, Julia Poger propone di pubblicare questi contenuti con l’hashtag #clientauthorized.
Quanto sono figo!
Un altro genere di contenuti molto popolare è il selfie dell’interprete con le star. In effetti lavorare al fianco di celebrità può dare un po’ alla testa ed è comprensibile che si desideri immortalare quel momento e condividerlo… ma forse mandarlo alla mamma e al proprio partner è più che sufficiente! Postare i nostri selfie con celebrità sui social network professionali soddisferebbe solo il nostro desiderio di autocompiacimento, senza apportare alcun contributo a chi ci legge e soprattutto, potrebbe danneggiare l’immagine professionale che dovremmo sempre e comunque veicolare.
Che relatore tremendo!
Capita a tutti ogni tanto di ritrovarsi a tradurre relatori complicati, se non impossibili, ed è umano avere il desiderio di sfogarsi un po’ con qualcuno per esprimere la propria frustrazione. La buona notizia è che esistono gli amici e i familiari 🙂 Se invece decidiamo di rendere pubblico il nostro sfogo sul nostro profilo Twitter, teniamo presente che non è escluso che il nostro cliente possa leggere il nostro post (a maggior ragione se usiamo tag e hashtag troppo eloquenti). Beh, se dovesse succedere, è probabile che il cliente non apprezzi le nostre esternazioni e che non ci coinvolga nuovamente in occasioni future.
Notizie in tempo reale
Un modo in cui invece i social possono certamente aiutarci è usarli come fonte di notizie in tempo reale. Facciamo un esempio concreto: supponiamo che stiamo lavorando al congresso annuale di Confindustria e il moderatore all’improvviso inizi a leggere un comunicato che non ci è stato fornito in precedenza. E’ molto probabile che il comunicato sia stato postato su uno dei social network di Confindustria: basterà monitorare i profili social del nostro cliente per evitare di essere presi in contropiede.
Per finire, segnalo:
- una sintesi del prezioso contributo di Sarah Cuminetti sul tema Interpreting, Confidentiality, Social Media
- il video realizzato dagli studenti di interpretazione della London Metropolitan University su questo tema (qui di seguito).
Come si chiama la capitale dell’Ucraina?
Le terribili notizie degli ultimi dieci giorni hanno giustamente portato al centro della ribalta l’Ucraina. Ormai anche i non specialisti di quella zona del mondo hanno un’idea di dove si trovino le principali città del paese dell’Europa dell’Est. In particolare, i riflettori sono puntati sulla capitale dell’Ucraina, che in italiano viene convenzionalmente chiamata Kiev.
Tuttavia il modo in cui chiamiamo la capitale ucraina è basata sulla traslitterazione russa “Киев”, che si pronuncia appunto “Kiev” e che ha preso piede in occidente durante il periodo sovietico. Gli ucraini, invece, chiamano la loro città più importante “Київ”, che si pronuncia “Kyiv”.
Se nel nostro piccolo vogliamo esprimere il nostro sostegno dei confronti della popolazione ucraina, il minimo che possiamo fare è chiamare la loro capitale Kyiv, mettendo da parte la versione associata alla russificazione forzata.
Per chi volesse approfondire il tema, consiglio questo articolo del Guardian.
Webcam o non webcam, questo è il problema
Anche se da qualche mese a questa parte molti di noi interpreti hanno ritrovato l’ebbrezza di lavorare in presenza con altri esseri umani in carne e ossa, a causa della pandemia, per molti le giornate sono ancora scandite dall’alternarsi delle riunioni sulle varie piattaforme di interpretazione a distanza.
Uno dei cambiamenti più evidenti tra l’interpretazione in presenza e a distanza riguarda la visibilità dell’interprete. Lavorando in presenza, l’interprete è ben visibile, soprattutto nelle modalità dell’interpretazione consecutiva e di trattativa e in questi contesti la presenza fisica dell’interprete è un fattore cruciale, poiché il linguaggio non verbale aiuta a trasmettere il messaggio da tradurre (a questo proposito, in questo post ho trattato il tema della gestualità dell’interprete).
Nell’interpretazione a distanza esiste un modo per garantire la visibilità dell’interprete: basterebbe accendere la webcam, ma è opportuno farlo? Per rispondere a questa domanda bisogna fare innanzitutto un distinguo: si lavora in simultanea o in consecutiva?
Quando si lavora a distanza in simultanea a mio avviso attivare la webcam non è una buona idea perché rischierebbe di distrarre chi ascolta che, per cogliere il massimo della comunicazione, dovrebbe ascoltare l’interpretazione, ma guardare il relatore, in modo da avere accesso a tutti gli aspetti della comunicazione non verbale. Inoltre, relatore e interprete apparirebbero entrambi in video e finirebbero per confondere chi ascolta e magari non conosce perfettamente il meccanismo dell’interpretazione (“Perché ci sono due persone che parlano insieme? E perché ne sento solo uno? Chi dei due devo guardare?”).
Quando si lavora a distanza in consecutiva, il contesto è un po’ diverso perché non si parla contemporaneamente: parla prima il relatore per una porzione di intervento di circa 5 minuti, e poi l’interprete traduce quanto appena detto sulla base dei suoi appunti. In questo caso attivare la webcam potrebbe essere d’aiuto perché evita a chi ascolta 5 minuti di “vuoto visivo” durante la traduzione e perché permette all’interprete di comunicare anche attraverso le famose componenti di comunicazione non verbale di cui si è parlato prima. Tuttavia, è ovvio che apparire in video durante l’interpretazione consecutiva impone all’interprete una certa “disciplina”, in particolare un abbigliamento consono e uno sfondo adeguato (esiste una varietà infinita di sfondi virtuali, oltre che sfondi fisici da attaccare alla poltrona).
Detto questo, come regola generale, a mio avviso la decisione di apparire o meno in video durante l’interpretazione a distanza, che sia simultanea o consecutiva, va ponderata attentamente e soprattutto concordata con il cliente.
Quando comincio a tradurre in una videoconferenza?
Dall’arrivo della pandemia, per molti di noi le piattaforme di videoconferenza sono diventate una realtà quotidiana. Ormai è assolutamente normale iniziare la giornata con una riunione con i colleghi di ufficio su Teams, seguita da una videoconferenza con un cliente su Skype e da una formazione via webinar su Zoom.
Così come le riunioni in presenza, solitamente anche gli incontri di lavoro virtuali iniziano con un momento più informale in cui si rompe il ghiaccio: i partecipanti si salutano, si scambiano qualche parola e solo dopo si inizia davvero a parlare di lavoro. Negli eventi in presenza la parte informale si svolge tipicamente al buffet: si arriva, si prende un caffè e ci si chiede come sono andate le vacanze, come stanno le rispettive famiglie, ecc. A un certo punto il moderatore prende posto e accende il microfono per richiamare tutti all’ordine. Piano piano i partecipanti si siedono e il moderatore dà ufficialmente inizio ai lavori accendendo il microfono e dicendo qualcosa di simile a: “Benvenuti a tutti, sono lieto di vedervi qui”.
Durante gli eventi in presenza per noi interpreti è molto semplice individuare il momento in cui dobbiamo a nostra volta accendere il microfono e iniziare a tradurre. Ma come facciamo a capire quando dobbiamo iniziare a tradurre se l’incontro si tiene in videoconferenza?
Negli eventi a distanza purtroppo non esiste una cesura così netta tra le chiacchiere e il lavoro vero e proprio, perché i microfoni sono accesi sin dall’arrivo dei partecipanti. Immaginiamo ad esempio una conferenza di un gruppo internazionale con 30 partecipanti in cui ciascuno accede il microfono e dice qualche parola di saluto. Noi interpreti che cosa facciamo? E’ impossibile tradurre tutto, oltre che inutile, anche perché spesso in quella fase tutti tendono a parlare in inglese per essere compresi da tutti.
Il problema è che se iniziamo a tradurre tardi si diffonde il panico perché tutti credono che ci sia qualche problema tecnico e nel giro di 5 secondi compaiono nella chat 20 messaggi di allarme del tipo: “No traduzione”, “Non si sente l’interprete”, “Ci sono problemi sul canale francese” o semplicemente “Francese??!!!”.
Ma anche partire troppo presto può causare qualche imbarazzo perché c’è il rischio di tradurre le parole di un partecipante che è inconsapevole di avere il microfono acceso (ad esempio una delegata che dice al marito: “Uffa, non vedo l’ora che finisca questa riunione!”) o uno scambio confidenziale tra due partecipanti (ad esempio due commerciali che concordano gli ultimi dettagli di una strategia da proporre a un cliente che sta partecipando alla riunione: “Proviamo a proporgli questo prezzo e vediamo se ci casca”).
Ogni volta che mi trovo nella situazione “inizio a tradurre o aspetto ancora?” immagino un direttore d’orchestra che compare magicamente sullo schermo del mio computer per darmi il via al momento giusto. Dato che questo purtroppo non avviene nella realtà, sta a me individuare il momento più adatto per cominciare a tradurre, basandomi sull’ascolto e sul buon senso. Ecco qualche suggerimento.
- Quando la videoconferenza è trasmessa live, c’è poco spazio per le incertezze: basta prendere come riferimento l’inizio della diffusione, segnalata da una scritta o da un simbolo.
- Se l’incontro prevede la presenza di un moderatore, è lui la persona che dobbiamo tenere d’occhio: con ogni probabilità ci sarà un momento in cui richiamerà tutti all’ordine e dirà qualcosa tipo: “Direi che possiamo cominciare”.
- Quando ci rendiamo conto che la conversazione in corso riguarda tematiche personali, probabilmente i partecipanti sono ancora nella fase pre-incontro di lavoro. Meglio aspettare.
- Se la conversazione riguarda tematiche personali, ma coinvolge altri partecipanti, che vengono chiamati per nome, può essere opportuno fare quantomeno una sintesi di quello che è stato detto. Esempio: una riunione di un’azienda italiana con 5 commerciali americani in cui un dirigente italiano dice ad un altro: “Sono appena rientrato dal Texas, dove ho incontrato John. Ci siamo divertiti un sacco, vero John?” laddove John è uno dei cinque commerciali americani. Anche se John non capisce l’italiano, ha sentito il suo nome e probabilmente si chiederà perché, quindi l’interprete dovrebbe a mio avviso accendere il microfono e riassumere brevemente il contenuto dello scambio.
- In extremis, se proprio la conversazione va avanti a oltranza e ancora non ci sono segnali chiari che ci fanno capire che l’incontro di lavoro è ufficialmente iniziato, possiamo sempre contattare il moderatore (o l’eventuale responsabile dell’agenzia che gestisce l’evento) tramite un messaggio privato sulla chat o chiedergli nella sua lingua (quindi uscendo sul canale che sta ascoltando) se dobbiamo iniziare a tradurre. Ovviamente è una strategia di cui non abusare in quanto certamente la più invasiva.
La decisione dell’interprete di cominciare a tradurre o aspettare in una videoconferenza mette ancora una volta in evidenza che il nostro ruolo va ben oltre il mero trasporto di parole da una lingua all’altra, ma comporta tutta una serie di decisioni relative alla gestione dell’evento comunicativo che ci rendono parte attiva nella costruzione della comunicazione.
Come si trasformerà il settore dell’interpretazione?
Oggi sono in vena di previsioni. Non parlo delle previsioni del tempo, ma di come cambierà il mondo dell’interpretazione nei prossimi anni. Dall’inizio della pandemia siamo stati tutti travolti da un vortice di cambiamenti e molti interpreti hanno sperimentato l’interpretazione simultanea a distanza (RSI) per la prima volta. Certo, alcuni erano già preparati mentalmente ed equipaggiati materialmente, ma la maggior parte degli interpreti (me compresa) sono stati colti alla sprovvista.
Bisogna dirlo: il cambiamento è stato radicale. La vita di un interprete pre-pandemia era fatta di viaggi frequenti, lunghe giornate di lavoro in cabina fianco a fianco con i colleghi, strette di mano con i clienti (senza guanti e senza gel igienizzante!!!), vestiti eleganti, capelli in ordine e piacevoli pause caffè in compagnia.
Ora invece la nostra realtà quotidiana è punteggiata da lunghe permanenze in casa, giornate di lavoro solitarie davanti al PC, conversazioni coi clienti su mille mila piattaforme diverse, tuta e pantofole, chiome indomate e tazze di thé in compagnia del cane.
Ma che cosa succederà quando la pandemia sarà (speriamo presto) alle nostre spalle?
A mio parere, sarà impossibile tornare indietro. Anche se obtorto collo, la pandemia è stata un’opportunità sia per noi, che per i nostri clienti di imparare nuove modalità di lavoro e di apprezzarne anche i lati positivi (ne ho parlato in questo post). Se è vero che incontrarsi di persona faccia a faccia è sempre il modo più efficace di comunicare, bisogna riconoscere che l’interpretazione a distanza permette a noi e al cliente di risparmiare sui costi di trasferta, di conciliare in modo più semplice lavoro e famiglia, di coinvolgere anche partecipanti e/o colleghi distanti migliaia di chilometri e di ridurre il nostro impatto ambientale.
Per questo, se dovessi lanciarmi in previsioni, direi che in futuro le due modalità in presenza e a distanza impareranno a convivere: alcuni eventi con interpretazione continueranno a svolgersi in presenza, ad esempio quelli che durano svariati giorni e/o dai contenuti più delicati (convegni medici, convention aziendali, incontri di alto livello), mentre gli incontri più brevi e puntuali (consigli di amministrazione di routine, riunioni di aggiornamento aziendali, conferenze stampa) passeranno definitivamente alla modalità RSI.
Se sarà così, sarà anche il ruolo stesso dell’interprete ad evolversi, per avvicinarsi sempre di più a quello di consulente a tutto tondo. Come è già evidente per molti di noi, non sarà più sufficiente tradurre contenuti da una lingua all’altra: il nostro compito sarà accompagnare il cliente nell’identificazione della configurazione più appropriata per il suo evento. Saremo noi a suggerirgli qual è la tecnica di interpretazione più adatta, se è meglio la modalità in presenza o a distanza e, in caso di interpretazione a distanza, qual è la soluzione tecnica più efficace.
Certo, questo presuppone che dovremo metterci in gioco e superare quella che per alcuni interpreti è una paura quasi atavica della tecnologia. Dovremo imparare a districarci tra dozzine di software dedicati, che da qualche mese a questa parte spuntano come funghi, e centinaia di dispositivi hardware (microfoni, cuffie, mixer, ecc). Ma del resto, la voglia di imparare non è forse una delle caratteristiche più salienti di un interprete?
Come prevenire i problemi tecnici durante l’interpretazione simultanea a distanza?
Come sappiamo, dall’inizio della pandemia l’attività congressuale è sospesa e sono mesi ormai che noi interpreti siamo lontani dalle nostre amate cabine, ad eccezione di chi lavora per le istituzioni e di chi si serve di hub di interpretazione.
All’improvviso il nostro lavoro è passato dal vagare in giro per il mondo indossando tailleur e scarpe eleganti, al trascorrere intere giornate davanti a uno schermo a districarsi tra piattaforme di RSI (interpretazione simultanea a distanza) e a interpretare a distanza con le pantofole ai piedi.
Nonostante il cambiamento traumatico per la maggior parte di noi, ritengo che siamo una categoria fortunata perché comunque possiamo continuare a lavorare grazie all’RSI: una soluzione pratica, ma piena di insidie se non ci si prepara nel modo giusto.
In questo post farò una lista di quello che un interprete può fare per evitare problemi tecnici in vista di un incarico di interpretazione simultanea a distanza. (In questo post invece ho parlato più in generale di come prepararsi a una conferenza).
Prima del convegno
- Innanzitutto è indispensabile avere a disposizione attrezzatura affidabile: io ho delle cuffie con microfono incorporato (questo modello) e mi trovo bene, ma alcuni colleghi utilizzano cuffie e microfono separati e dicono di trovarsi ugualmente bene. Eventualmente predisporre anche un secondo set di cuffie, fondamentali quando si lavora su Zoom per sentire il/la collega.
- Tutte le piattaforme di RSI consigliano vivamente di servirsi di una connessione internet via cavo, e non di una rete WiFi, in quanto più affidabile e di controllare che la qualità della propria connessione abbia determinati parametri di qualità (ad esempio qui si può testare la connessione).
- Alcuni colleghi si sono procurati anche un generatore per avere la certezza di non perdere la connessione neanche in caso di black out.
- Esistono ormai moltissime piattaforme di RSI, spesso simili nella concezione, ma è sempre bene fare una formazione quando si lavora per la prima volta con una nuova piattaforma per essere certi di avere una certa familiarità con i vari comandi.
- E’ sempre consigliabile predisporre due dispositivi: uno per collegarsi alla piattaforma di RSI e seguire il convegno, e uno per fare le ricerche e consultare i dizionari. (L’aspetto positivo dell’RSI è che, a differenza della simultanea in presenza, almeno non dobbiamo andare ogni volta alla ricerca della presentazione giusta, perché i relatori con ogni probabilità condivideranno il loro schermo per mostrarla ai partecipanti).
Il giorno del convegno
- E’ sempre bene concordare in anticipo con il/la collega il metodo da utilizzare per comunicare per essere certi di non perdere nessun messaggio per strada. Normalmente le piattaforme di RSI hanno una chat interna, ma alcuni interpreti preferiscono utilizzare la chat di whatsapp o di skype perché temono di scrivere per sbaglio sulla chat comune di tutti i partecipanti (con conseguenze potenzialmente nefaste se in quel momento stanno condividendo con il/la collega il proprio stato d’animo in reazione a un relatore che parla alla velocità della luce!).
- La differenza principale tra le piattaforme sta nel meccanismo per il passaggio di turno con il/la collega. E’ sempre bene essere certi di avere una certa familiarità con il meccanismo e concordare con il/la collega la durata approssimativa dei turni.
- Ricordiamoci di controllare il meccanismo di attivazione e disattivazione del microfono: su alcune piattaforme occorre spegnere manualmente il microfono anche se abbiamo passato la parola al collega (teoricamente possono essere entrambi accesi).
- Poco prima di iniziare la conferenza prepariamo l’ambiente: prendiamo una bottiglia di acqua e uno snack, togliamo la suoneria del cellulare, stacchiamo il telefono fisso, controlliamo la temperatura della stanza, allontaniamo cani e bambini e, se necessario, appendiamo un cartello fuori dalla stanza in cui ci troviamo per scoraggiare eventuali visite 🙂
- Per essere certi che sia tutto a posto, colleghiamoci con largo anticipo e facciamo un test prima dell’inizio della conferenza.
E se qualcosa va storto?
Questo è quello che un interprete può fare per prevenire i problemi, ma degli imprevisti fuori dal nostro controllo possono comunque capitare. In questo caso cosa possiamo fare, oltre a tentare di mantenere i nervi saldi?
- Se stavamo lavorando noi, innanzitutto comunichiamo al(la) collega che abbiamo un problema e passiamogli/le la parola per non interrompere la traduzione.
- Aggiorniamo la pagina della piattaforma oppure chiudiamola e riapriamola.
- Controlliamo che la connessione internet funzioni correttamente (con il link precedente).
- Se la piattaforma offre questa possibilità, contattiamo l’assistenza tecnica.
- Come ultima spiaggia, se la piattaforma lo permette, colleghiamoci all’evento usando il cellulare come router oppure direttamente col cellulare (alcune piattaforme hanno app apposite con cui collegarsi in caso di emergenza).
Interpretazione simultanea a distanza: 10 consigli per i relatori
A causa della pandemia di Covid-19, negli ultimi mesi moltissimi di noi si sono ritrovati volente o nolente a lavorare da casa, e anche chi non era particolarmente avvezzo alle videoconferenze, ha dovuto imparare velocemente a orientarsi tra piattaforme e strumenti tecnici con cui fino a quel momento non aveva particolarmente familiarità.
Nel caso di videoconferenze multilingui, si fa generalmente ricorso all’interpretazione simultanea a distanza o RSI, di cui ho spiegato il funzionamento nel post precedente. In questo, post vorrei dare alcuni consigli a chi è chiamato a intervenire come relatore in occasione di videoconferenze in cui si farà ricordo all’RSI.
Ma prima una premessa importante: i relatori dovrebbero attenersi a queste indicazioni non semplicemente per rendere la vita più semplice agli interpreti, ma soprattutto per far sì che quello che dicono arrivi nella maniera più completa possibile ai partecipanti per permettere un vero scambio di idee.
Alcune delle indicazioni che dovrebbero seguire i relatori sono le stesse di qualsiasi evento multilingue tradizionale in cui si fa ricorso all’interpretazione simultanea in presenza (di cui ho parlato in questo post), a cui si aggiungono altre indicazioni specifiche per le modalità a distanza.
- Mandare presentazione / slide / appunti in anticipo agli interpreti. Pratica sempre gradita, a maggior ragione quando si lavora in RSI, perché, oltre alle difficoltà “normali” si aggiungono quelle tecniche, motivo per cui sapere in anticipo di che cosa parlerà il relatore aiuta moltissimo.
- Trasmettere i video in anticipo. I video creano non di rado problemi tecnici, quindi meglio evitare improvvisate: è vivamente consigliato di trasmetterli in anticipo al moderatore per verificare se possono essere visionati durante la videoconferenza, e fare in modo che siano inviati anche agli interpreti, che in caso contrario non potranno tradurne il contenuto.
- Scegliere un ambiente tranquillo. Non credo che sia necessario spiegare che non è il massimo intervenire in una videoconferenza con un bambino che urla o un cane che abbaia in sottofondo, e questo né per l’interprete, né per gli altri partecipanti.
- Controllare la connessione. Per assicurare uno svolgimento della videoconferenza senza intoppi bisogna poter contare su una buona connessione internet. Se è possibile, è sempre preferibile utilizzare una connessione via cavo. Al contrario, è meglio evitare di collegarsi usando il cellulare come router, tranne in casi di forza maggiore.
- Familiarizzare con la piattaforma. Le piattaforme di videoconferenza sono solitamente molto intuitive, ma è sempre meglio dare un’occhiata prima dell’inizio della videoconferenza per essere certi di sapere dove si trovano i comandi principali (accensione di microfono e webcam, condivisione schermo, ecc). Per alcune piattaforme è anche prevista una brevissima formazione per i relatori, che è sempre molto utile.
- Accendere la webcam (e posizionarla bene). So bene che alcuni non amano essere ripresi da una webcam o magari non vogliono mostrare l’interno della propria casa per proteggere la propria privacy (in questo caso però è possibile inserire uno sfondo, ad esempio ecco la procedura per chi usa Zoom). Tuttavia, per gli interpreti è molto di aiuto vedere la persona che parla perché le componenti non verbali del discorso concorrono alla trasmissione del messaggio. In secondo luogo, vedere il volto di chi parla è utile anche per i partecipanti che ascoltano la traduzione, perché riescono a capire subito che c’è stato un cambio di relatore, non potendo basarsi sul cambio di voce (che è sempre quella dell’interprete).
- Utilizzare cuffie e microfono. Per gli interpreti è fondamentale che la qualità dell’input (ossia il discorso del relatore) sia buona. Per questo è vitale utilizzare delle cuffie con microfono esterno e non il microfono integrato del PC o del cellulare. Quindi va da sé che posizionare un unico PC al centro della stanza con i relatori tutti intorno che parlano a 2-3 metri di distanza vuol dire mettere gli interpreti in seria difficoltà.
- Togliere la mascherina. Certo, siamo nel bel mezzo di una pandemia, ma quando si interviene in una videoconferenza indossare la mascherina non è di grande aiuto perché rende l’eloquio meno chiaro. Nel caso ci siano più persone, sarebbe meglio andare in un’altra stanza in modo da non essere più obbligati a portare la mascherina.
- Spegnere il microfono quando non si parla. In caso contrario alle cuffie dell’interprete arriveranno, oltre alle parole del relatore, fastidiose interferenze.
- Non accavallarsi. Oltre a essere indice di buona educazione, aspettare il proprio turno per prendere la parola durante le videoconferenze multilingui è l’unico modo per far sì che quello che si dice arrivi agli altri partecipanti, perché in caso di sovrapposizioni gli interpreti non capiranno nulla di ciò che viene detto, e di conseguenza non saranno nelle condizioni di poter tradurre nulla.
E voi avete altri consigli?
Interpretazione simultanea a distanza: un primo bilancio
Il Covid-19 ha avuto un impatto enorme su tutti i settori economici, pur con enormi differenze. Per noi interpreti l’impatto è stato devastante, perché il nostro contesto lavorativo standard sono convegni, conferenze o trattative commerciali: la quintessenza degli assembramenti. Fortunatamente però, dopo i primi mesi di stordimento in cui tutto sembrava essersi fermato, è comparsa una luce: l’interpretazione simultanea a distanza, per gli amici RSI (dall’inglese remote simultaneous interpreting).
Pur avendo cominciato a prendere piede ben prima dell’arrivo della pandemia, l’interpretazione simultanea a distanza ha subito una vera e propria esplosione in tutto il mondo solo durante il lockdown. Ma prima di tutto, come funziona? (Chi ne conosce già il funzionamento può saltare il prossimo paragrafo).
Si tratta di una modalità di interpretazione in tutto e per tutto sovrapponibile all’interpretazione simultanea, con la differenza che non avviene all’interno di una cabina insonorizzata installata nel luogo dell’evento, ma attraverso specifiche piattaforme online. In pratica: l’interprete, munito di una cuffia con microfono, si collega tramite un PC alla piattaforma, attraverso la quale sente e vede i relatori come in una normale videoconferenza e a sua volta produce la sua resa nell’altra lingua. Il pubblico ascolta la traduzione dell’interprete collegandosi alla piattaforma con un computer o un cellulare (in questo caso con un’app) e inserendo il codice identificativo dell’evento.
Dopo aver lavorato in queste modalità negli ultimi mesi attraverso varie piattaforme di RSI, in questo post vorrei fare un primo bilancio, mettendo in luce alcuni vantaggi e svantaggi dell’interpretazione simultanea a distanza dal punto di vista dell’interprete.
I VANTAGGI
Lavorare nonostante la pandemia. Grazie all’RSI possiamo continuare a lavorare senza mettere il naso fuori casa, un vantaggio non da poco vista la gravità e instabilità della situazione. Gran parte degli interpreti sono liberi professionisti con partita iva senza entrate fisse, dunque per pagare le bollette dobbiamo fatturare.
Il mondo è mio. Lavorare in RSI ci permette di accedere a incarichi che in presenza sarebbero stati inaccessibili per motivi geografici: non tutti i clienti possono permettersi di e/o sono disposti a pagarci un biglietto per un volo intercontinentale per farci lavorare all’annuale convention mondiale della loro azienda. Invece grazie all’RSI possiamo lavorare il lunedì per un cliente che si trova in Canada e il martedì per un cliente in India senza muoverci da casa. Certo, il fuso orario potrebbe essere un po’ difficile da gestire, ma questo è un altro discorso 🙂
Conciliare lavoro e vita familiare. Personalmente considero la componente dei viaggi uno degli aspetti più belli del lavoro dell’interprete, ma di contro è anche vero che, quando si ha una famiglia, a volte stare tanto tempo lontani da casa può comportare qualche difficoltà. Grazie all’interpretazione simultanea a distanza, questo problema non c’è perché i tempi di trasferta sono azzerati o comunque ridotti drasticamente.
I mini convegni. Dalla comparsa dell’interpretazione simultanea a distanza hanno iniziato a prendere sempre più piede eventi come webinar, seminari o dibattiti dalla durata molto breve, spesso sotto le due ore, pensati per venire incontro ai partecipanti che fanno più fatica a mantenere viva l’attenzione a lungo davanti allo schermo di un PC. In questo tipo di contesti, probabilmente pochi organizzatori avrebbero messo a disposizione il servizio di simultanea in presenza, scoraggiati dai costi, troppo elevanti per un incontro che magari dura solo 30 minuti. Al contrario, l’RSI si presta moltissimo a questo tipo di eventi, tanto che credo che rimarrà la soluzione ideale per questi contesti anche dopo la fine della pandemia.
GLI SVANTAGGI
Problemi tecnici. Intendiamoci: si può fare moltissimo per prevenire i problemi tecnici (usare la connessione via cavo, accedere alla piattaforma tramite il browser consigliato, lavorare con attrezzatura tecnica di qualità, ecc), ma se nonostante gli accorgimenti si verifica un problema, e non è un caso così raro, è molto più difficile risolverlo senza un tecnico presente sul posto. Le piattaforme solitamente forniscono un servizio di assistenza, ma a volte non è sufficientemente rapido.
Il dumping sociale. Come dicevo al secondo punto dei vantaggi, grazie all’RSI possiamo lavorare per clienti di tutto il mondo, ma di contro questo vuol dire che anche i clienti possono avere accesso a interpreti di tutto il mondo senza vincoli geografici e potrebbero decidere che preferiscono collaborare con colleghi che si trovano in zone in cui vengono applicate tariffe più basse delle nostre.
Che solitudine. L’interpretazione simultanea è un lavoro di squadra, ma con l’RSI la dinamica cambia drasticamente. Certamente possiamo comunicare con i colleghi tramite la chat della piattaforma, ma non credo di aver bisogno di spiegare che scrivere su una chat non è come parlare faccia a faccia. Con l’interpretazione simultanea a distanza aiutarsi a vicenda diventa molto difficile e scambiare due chiacchiere durante le pause non è che un lontano ricordo.
Dove sono i relatori? Durante un convegno in presenza avere la possibilità di scambiare qualche parola con i relatori è sempre molto utile perché abbiamo la possibilità di domandare chiarimenti, chiedere presentazioni o semplicemente abituarci un po’ al loro modo di parlare. Con l’interpretazione simultanea a distanza questa possibilità semplicemente non c’è.
E voi che ne pensate dell’RSI come interpreti? O anche come relatori o partecipanti?
Feedback tra colleghi: quando e come
Durante gli anni di formazione tutti i futuri interpreti hanno ricevuto e dato feedback fino allo sfinimento. Conservo ancora bellissimi ricordi delle infinite sessioni di esercizio di interpretazione simultanea e consecutiva fatte all’università (o al bar durante le pause) in cui a turno pronunciavamo discorsi per fare esercizio, dandoci reciprocamente un feedback. A proposito, per chi fosse alla ricerca di siti su cui cercare discorsi, ecco qualche spunto.
Ricevere un feedback da un collega è estremamente utile, perché è l’unico modo di migliorare, ma ahimè quando si inizia a lavorare, spesso non c’è più occasione di averlo, per mancanza di tempo o voglia, a meno che non si faccia parte di un gruppo di esercizio o non si conosca un collega disponibile a fare uno scambio.
In questo post vorrei parlare di quando e come dare un feedback in un contesto professionale (ossia, fuori dall’università). Innanzitutto, quando è opportuno fornire un feedback ai colleghi? Semplice: quando un collega ce lo chiede. Sconsiglio vivamente di partire in quarta con commenti e annotazioni di nostra iniziativa senza che ci venga chiesto espressamente, a maggior ragione se stiamo lavorando con un(a) collega che conosciamo poco e/o che ha alle spalle più anni di esperienza di noi.
Nel momento in cui invece un(a) collega ci chiede espressamente un feedback, come è bene fornirlo? Fornire un feedback in maniera costruttiva non è affatto facile e ci vuole molta esperienza per imparare a farlo. In questo video ci sono alcuni consigli applicabile in tutti contesti.
Nell’ambito specifico dell’interpretazione, ecco alcune dritte per evitare situazioni imbarazzanti.
- Non siamo obbligati. Possiamo rifiutarci se non siamo in grado di farlo o se mentre il collega lavorava ci siamo fatti gli affari nostri (male!)
- Evitiamo tassativamente un atteggiamento arrogante. Fare i saputelli metterebbe a disagio il/la collega, che potrebbe non riuscire a lavorare al meglio, e poi… chi è al riparo da errori?
- Siamo specifici. Non serve a nulla dire: “Non andava bene”. Al contrario, è utile fornire esempi concreti, come ad esempio: “Al posto della parola X a mio parere sarebbe stato meglio usare la parola Y”.
- Utilizziamo la tecnica del sandwich. Diciamo prima le cose positive, poi quelle migliorabili, e infine altre positive per dare un parere sincero, ma senza scoraggiare il/la collega.
- Suddividiamo i commenti per argomenti: ad esempio omissioni, errori di contenuto, imprecisioni grammaticali, qualità della resa, ecc.
- Facciamo particolarmente attenzione alle tendenze ricorrenti piuttosto che a una singola parola che non andava bene. Ad esempio: “Ho l’impressione che tendi a fare molte pause piene”.
- Non limitiamoci a dire quello che non va, ma cerchiamo di dare anche consigli per migliorare. Ad esempio: “Mi sembra che a volte non abbia chiuso le frasi, forse potresti provare a utilizzare la tecnica del salame”.
E voi avete modo di ricevere e dare un feedback a un collega?