Feedback tra colleghi: quando e come

Durante gli anni di formazione tutti i futuri interpreti hanno ricevuto e dato feedback fino allo sfinimento. Conservo ancora bellissimi ricordi delle infinite sessioni di esercizio di interpretazione simultanea e consecutiva fatte all’università (o al bar durante le pause) in cui a turno pronunciavamo discorsi per fare esercizio, dandoci reciprocamente un feedback. A proposito, per chi fosse alla ricerca di siti su cui cercare discorsi, ecco qualche spunto.

Ricevere un feedback da un collega è estremamente utile, perché è l’unico modo di migliorare, ma ahimè quando si inizia a lavorare, spesso non c’è più occasione di averlo, per mancanza di tempo o voglia, a meno che non si faccia parte di un gruppo di esercizio o non si conosca un collega disponibile a fare uno scambio.

In questo post vorrei parlare di quando e come dare un feedback in un contesto professionale (ossia, fuori dall’università). Innanzitutto, quando è opportuno fornire un feedback ai colleghi? Semplice: quando un collega ce lo chiede. Sconsiglio vivamente di partire in quarta con commenti e annotazioni di nostra iniziativa senza che ci venga chiesto espressamente, a maggior ragione se stiamo lavorando con un(a) collega che conosciamo poco e/o che ha alle spalle più anni di esperienza di noi.

Nel momento in cui invece un(a) collega ci chiede espressamente un feedback, come è bene fornirlo? Fornire un feedback in maniera costruttiva non è affatto facile e ci vuole molta esperienza per imparare a farlo. In questo video ci sono alcuni consigli applicabile in tutti contesti.

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Nell’ambito specifico dell’interpretazione, ecco alcune dritte per evitare situazioni imbarazzanti.

  • Non siamo obbligati. Possiamo rifiutarci se non siamo in grado di farlo o se mentre il collega lavorava ci siamo fatti gli affari nostri (male!)
  • Evitiamo tassativamente un atteggiamento arrogante. Fare i saputelli metterebbe a disagio il/la collega, che potrebbe non riuscire a lavorare al meglio, e poi… chi è al riparo da errori?
  • Siamo specifici. Non serve a nulla dire: “Non andava bene”. Al contrario, è utile fornire esempi concreti, come ad esempio: “Al posto della parola X a mio parere sarebbe stato meglio usare la parola Y”.
  • Utilizziamo la tecnica del sandwich. Diciamo prima le cose positive, poi quelle migliorabili, e infine altre positive per dare un parere sincero, ma senza scoraggiare il/la collega.
  • Suddividiamo i commenti per argomenti: ad esempio omissioni, errori di contenuto, imprecisioni grammaticali, qualità della resa, ecc.
  • Facciamo particolarmente attenzione alle tendenze ricorrenti piuttosto che a una singola parola che non andava bene. Ad esempio: “Ho l’impressione che tendi a fare molte pause piene”.
  • Non limitiamoci a dire quello che non va, ma cerchiamo di dare anche consigli per migliorare. Ad esempio: “Mi sembra che a volte non abbia chiuso le frasi, forse potresti provare a utilizzare la tecnica del salame”.

E voi avete modo di ricevere e dare un feedback a un collega?

Che cosa possiamo imparare dall’isolamento?

Il coronavirus si sta rivelando un dramma immenso per chi si è ammalato in prima persona o ha perso uno dei propri cari, e quantomeno una grande complicazione quotidiana per chi, come me, ha avuto la fortuna di non essere toccato direttamente. Siamo rintanati in casa da settimane e più le giornate si fanno soleggiate e le temperature gradevoli, più siamo insofferenti. Tuttavia, anche in questa situazione che non ci saremmo mai augurati di vivere, possiamo imparare qualcosa sia come persone che come professionisti.

Fa bene staccare ogni tanto

Certo, questa volta non abbiamo avuto molta scelta, ma per chi come noi interpreti è abituato a girare in continuazione come trottole impazzite, un po’ di riposo non guasta. E’ il momento giusto per concederci qualche ora di sonno extra e fare il pieno di energia per essere carichi quando ci sarà la ripresa (perché prima o poi ci sarà).

Non esiste solo il lavoro

Coloro i quali nella vita quotidiana si dedicano solo e soltanto al lavoro, in questo periodo stanno soffrendo ancora di più perché, archiviate le pulizie di primavera, non hanno molto altro da fare. Il tanto tempo libero a disposizione potrebbe essere un’occasione per riprendere i contatti con un vecchio amico che non sentiamo da mesi o per concederci i piccoli piaceri della vita, come leggere un libro che aspetta da mesi sul comodino in attesa di essere letto, guardare la quarta stagione di “La casa di carta” o bere un the in giardino senza guardare l’orologio.

Mai smettere di fare progetti

Anche se in circostanze normali le nostre vite sono talmente intense che finiamo per credere che non ci sia spazio per fare progetti, è sempre bene avere a portata di mano carta e penna per fare una lista dei nostri futuri traguardi e tirarla fuori nei momenti liberi. In caso contrario, al momento opportuno rischiamo di dimenticarceli, sprecando quel tempo prezioso che invece ora abbiamo a profusione. Queste settimane possiamo finalmente cogliere l’occasione per aggiornare il nostro sito, (ri)scrivere il CV, fare un corso online, fare la domanda di adesione a un’associazione professionale… e chi più ne ha più ne metta: usiamolo bene! Per chi fosse a corto di idee, ecco qualche suggerimento.

Attenzione al conto in banca

Per definizione noi freelance siamo abituati all’imprevedibilità delle entrate, condizione che ci insegna ben presto a fare come la formica più che come la cicala. Ovviamente nessuno di noi avrebbe mai potuto prevedere mesi interi di interruzione del lavoro, ma chi non aveva un gruzzoletto da parte sta avendo ancora più difficoltà. Sarebbe bene non dimenticarlo nei periodi di vacche grasse.

Diversificare le attività.

Noi interpreti abbiamo iniziato a subire le conseguenze della diffusione del coronavirus sin dai primi contagi: tutti i convegni sono stati immediatamente cancellati e gli spostamenti sono diventati impossibili. In questo contesto chi di noi si dedica ad altre attività, come la traduzione, l’insegnamento, la correzione di bozze, il voice over, ecc. è riuscito a cavarsela un po’ meglio.

E voi avete altri suggerimenti? Buona settimana, e speriamo che l’isolamento finisca presto e che ci renda persone e professionisti migliori.

Vale la pena entrare in un’associazione professionale?

Come promesso nel post precedente, oggi vorrei soffermarmi sul tema delle associazioni professionali per interpreti e traduttori. Diversamente dalla maggior parte dei post di questo blog che hanno per titolo una domanda, in questo caso la mia risposta non è “dipende”, ma è chiara e definitiva: assolutamente sì, entrare in un’associazione professionale è un’ottima idea perché i benefici offerti dall’affiliazione superano di gran lunga il costo della tessera annuale.

Premessa: io sono socio aggregato di AITI, ma tutto quello che scriverò in questo post vale anche per le altre associazioni professionali per interpreti e traduttori, che in Italia, oltre alla già citata AITI, sono AIICAssoInterpreti,  ANITI e TradInfo, a cui va aggiunta anche ACTA, il sindacato dei freelance.

Un bel biglietto da visita

Come già spiegato molte volte, non essendoci in Italia un albo per interpreti e traduttori, chiunque può teoricamente definirsi tale senza alcuna necessità di dimostrarne le competenze. Essere membri di un’associazione professionale è un modo per far capire ai nostri potenziali clienti che non siamo chiunque, ma in quanto membri di un’associazione riconosciuta, abbiamo certificato di possedere le qualifiche per poter esercitare la professione in modo serio.

Uscire dall’isolamento

Agli interpreti, ma in misura ancora maggiore ai traduttori, può capitare di sentirsi isolati. Nella nostra realtà quotidiana passiamo molte ore della giornata seduti davanti al PC a tradurre, prepararci a conferenze oppure in cabina. Questa solitudine può farci perdere un po’ il contatto con la realtà e indurci a pensare che la problematica che stiamo affrontando con un cliente sia capitata solo e unicamente a noi, facendoci sentire ancora più frustrati. Essere membri di un’associazione dà la possibilità di avere un confronto con altri colleghi e capire che la situazione che stiamo vivendo è stata già vissuta da qualcun altro (e magari possiamo persino rimediare un ottimo consiglio!).

L’unione fa la forza

Lavorando sul mercato come “battitori liberi”, come la maggior parte dei freelance, interpreti e traduttori non hanno la possibilità di far sentire singolarmente la propria voce in ambiti cruciali come la fiscalità o la previdenza sociale. Riuniti in un’associazione, invece, possiamo fare proposte o reagire ad esse in maniera molto più incisiva.

Formazione professionale continua

Come spiegato in un post di qualche settimana fa, l’arricchimento e aggiornamento continuo delle competenze professionali è un requisito imprescindibile per un buon interprete e traduttore. Essere membri di un’associazione professionale dà la possibilità di accedere a una vasta gamma di seminari di formazione (sia webinar che in presenza) che spaziano dalla traduzione in ambito medico, alla scrittura creativa, alla fattura elettronica… insomma: ce n’è davvero per tutti i gusti. Aggiungo inoltre che per i membri a pieno titolo delle associazioni professionali la formazione professionale continua non è solo un diritto, ma anche un dovere, sussistendo l’obbligo di raccogliere un certo numero di crediti formativi ai fini del mantenimento dell’affiliazione.

Sconti e convenzioni

Un altro beneficio “allettante” derivante dall’appartenenza a un’associazione professionale è la possibilità di usufruire di sconti e convenzioni di varia natura. Ecco alcuni esempi: sconti sui costi di iscrizione a seminari, webinar ed eventi di networking, sconti sull’acquisto di testi e CAT tools, convenzioni con professionisti (commercialista, consulente legale, ecc), sconti su assicurazioni professionali.

Presenza sull’annuario

I membri di un’associazione professionale sono presenti sul sito web della propria associazione, con un profilo che generalmente indica combinazione linguistica, indirizzo email e numero di telefono. Anche se questo non implica automaticamente che la nostra presenza in annuario faccia esplodere il numero dei nostri clienti, può capitare di essere contattati da qualcuno che ha cercato un professionista sul sito della nostra associazione.

Networking

Essere membro di un’associazione e partecipare attivamente alle sue attività offre la preziosa opportunità di incontrare molti colleghi. Dato che il nostro lavoro si basa moltissimo sul passaparola, non è così raro che all’interno della cerchia degli associati qualcuno dei colleghi sia alla ricerca di un interprete o di un traduttore con la nostra combinazione linguistica, o viceversa, può capitare anche a noi di aver bisogno di un collega con una combinazione diversa dalla nostra o in grado di revisionare un nostro testo in una lingua straniera.

Ridiamoci su

Infine, e questa è la mia parte preferita, essere membro di un’associazione vuole anche dire ritagliarci di tanto in tanto un pomeriggio libero per andare a prendere un sano e disimpegnato aperitivo con colleghi simpatici per stare per qualche ora lontani dal PC, non pensare alle fatture e magari farci quattro risate raccontando della nostra ultima gaffe con un cliente.