L’interprete può correggere l’oratore?

Uno dei priviliegi di un interprete è poter incontrare menti illuminate che hanno qualcosa di importante da dire agli altri. Recentemente mi è capitato di incontrare una di queste personalità incredibili e devo dire che è stato un onore prestargli la mia voce per permettergli di comunicare con la gente. In queste circostanze sento ancora di più la responsabilità di essere “fedele” (termine delicato in ambito traduttivo, ma in questo caso appropriato) sia all’oratore che al pubblico.

Il problema però è che in alcuni casi queste due forme di fedeltà entrano in conflitto. Uno di questi casi è quando l’oratore dice una scorrettezza durante un discorso tradotto in interpretazione simultanea (bè, sì, capita anche alle menti più acute di sbagliare!). Diversamente dall’interpretazione consecutiva o dialogica, ovviamente in simultanea l’interprete non ha tempo di chiedere chiarimenti o conferme, quindi è costretto a prendere una decisione in velocità. Dunque: se l’interprete coglie l’errore e lo corregge, prevale la sua fedeltà all’oratore perché evita che il suo errore arrivi al pubblico, mentre invece, se pur percependo l’errore, l’interprete decide di mantenerlo, sceglie di essere più fedele al pubblico “non filtrando” l’errore dell’oratore. Quindi che fare?

A mio avviso a questa domanda non si può rispondere con un’unica ricetta valida per tutti i casi, perché molto dipende dalla situazione e dal tipo di errore. Propongo due esempi molto diversi. Se l’oratore fa un banale errore di forma, come pronunciare il nome di una persona in maniera errata, l’interprete non ha motivo di pronunciare a sua volta quel nome in maniera consapevolmente scorretta: nella sua traduzione utilizzerà la pronuncia giusta. Ma se invece l’oratore fa nel suo discorso un errore di contenuto, ad esempio dicendo “nel mio libro mi sono molto ispirato ai Promessi Sposi di Dante Alighieri”, cosa deve fare l’interprete? Io vedo tre possibilità:

  • riproporre l’errore (“nel mio libro mi sono molto ispirato ai Promessi Sposi di Dante Alighieri”), ma l’oratore farà una figuraccia
  • correggere l’errore (“nel mio libro mi sono molto ispirato ai Promessi Sposi di Alessandro Manzoni”) salviamo la faccia all’oratore ma siamo “infedeli” verso il pubblico
  • mantenere la neutralità (“nel mio libro mi sono molto ispirato ai Promessi Sposi”), una soluzione di compromesso.

A voi è mai capitata una situazione del genere? Che cosa avete / avreste fatto?

Emanuela Cardetta
Emanuela Cardetta

Sono un’interprete di conferenza e traduttrice di italiano, inglese, francese e slovacco. Il mio lavoro è aiutare persone che non parlano la stessa lingua a comunicare tra loro in maniera efficace.

Chi sono
12 Comments
  • fgpx78
    Posted at 10:35h, 08 Febbraio Rispondi

    Ok ma, nell’esempio… come fai a capire se l’errore sta in Promossi sposi o in Dante Alighieri? Magari la sua intenzione era riferirsi alla Divina Commedia.
    Secondo me in troppi casi è meglio evitare di correggere.

    Però hai un grande potere, e anche una grande responsabilità (come direbbe lo zio di Spiderman). Ad esempio potresti far dire al politico di turno qualcosa di assolutamente abominevole, o correggerlo in caso contrario.. 😀

    • Emanuela Cardetta
      Posted at 10:52h, 08 Febbraio Rispondi

      Obiezione accolta 🙂 Nella mia mente avevo immaginato una situazione in cui è chiaro dal contesto che l’oratore vuole riferirsi ai Promessi Sposi, ma in effetti non è detto. Concordo con te che correggere è molto rischioso, ma in alcuni casi, quando è davvero evidente che si tratta di un lapsus, mi è capitato di farlo.

      In effetti la tentazione di “intervenire” durante i discorsi di determinati personaggi a volte c’è, ma per fortuna prevale l’etica professionale. Però posso dirti che preferisco evitare di trovarmi nella posizione di dover tradurre cose che ritengo abominevoli. Ad esempio, non credo che accetterei mai di tradurre durante un convegno della National Rifle Association o, se esistesse, della lega per la pena di morte.

  • lituopadania
    Posted at 16:49h, 08 Febbraio Rispondi

    Uh, ecco uno di quei post che piacciono a me. Perché? perché fanno emergere la complessità della vita reale e non si prestano a soluzioni che siano necessariamente del tipo sì/no, on/off…

    Di fronte ai due tipi di errore che hai presentato penso che sia giusto intervenire sulla prima casistica e che sia altrettanto giusto non intervenire sulla seconda. Se una mente illuminata commette un errore questo non può essere fatto sparire; in altri termini, niente sconti 🙂

    Rispetto al tuo post mi viene da introdurre una dimensione in più: la possibilità che il traduttore simultaneo si accorga dell’errore; se infatti non se ne accorge il problema su come comportarsi ovviamente non si pone. Ergo, penso che per gli errori della seconda casistica ci si debba comportare come se l’interprete non fosse consapevole dell’errore.

    Anche per gli errori del primo tipo ci si potrebbe accorgere o no dell’errore. Per esempio, se stai traducendo dall’Inglese e l’oratore nomina l’abbazia di Chiaravalle pronunciando “čaravalle” al posto di “kiaravalle” tu puoi correggere, anzi credo che sia giusto farlo, nel rispetto del pubblico che è il principale fruitore del tuo lavoro.
    Se, come me, vivi a pochi km dall’abbazia l’opera di aggiustamento sarebbe probabilmente automatica. Se, come nel tuo caso, sei pugliese e vivi in Friuli, potrebbe non essere così scontato che tu conosca la pronuncia esatta.

    Altro esempio. Stai traducendo verso l’Inglese. Il tuo oratore è un esperto di biologia molecolare e tu ti sei diligentemente documentata sulla materia, ma non sai che ha anche una forte passione per la musica rock. A un certo punto cita due gruppi musicali: Deep Purple e Van Halen. Sul primo non hai problemi; non è roba che ascolti, ma lo hai almeno sentito nominare, quindi (forse) ti rimane solo il dubbio se tradurre Dip Parpol (come si aspetta il pubblico) o Di:p P3ːpl. Ma per il secondo gruppo il tuo oratore pronuncerebbe Væn Hæiln e tu allora cosa fai? Se mantieni la pronuncia originale nessuno capirebbe – perché qui il nome del gruppo è da sempre storpiato in Van Allen (e tu sei troppo piccola per avere Jump nelle orecchie) – ma dal momento che questo gruppo non lo hai mai sentito nominare come ti comporti?

    In sintesi, non invidio per nulla le insidie del tuo lavoro. Se penso di mettermi nei tuoi panni mi sento terrorizzato. Metti che all’improvviso l’oratore fa una digressione e cita il film Vertigo (di Alfred Hitchcock, 1958)… si dovrebbe sapere che qui da noi è uscito con il titolo di La donna che visse due volte, pazzesco! E si potrebbero fare mille altri esempi.

    Scusa se ho messo disordinatamente tanta carne al fuoco (sai che non è il mio stile), ma morivo dalla voglia di intervenire sull’argomento e lo sto facendo gestendo qualche telefonata e qualche videoconferenza su Skype 🙂

    • Emanuela Cardetta
      Posted at 17:47h, 08 Febbraio Rispondi

      Come sempre i tuoi commenti sono pieni di spunti di riflessione, grazie mille!

      Nel caso specifico dei Deep Purple e dei Van Halen ti dico cosa avrei fatto. Traducendo in simultanea avrei adattato la pronuncia per renderla comprensibile al mio uditorio (quindi Dip Parpol e Van Alen in italiano e Di:p P3ːpl e Væn Hæiln in inglese). In questo caso, insospettabilmente, devo dire che conosco anche i Van Halen anche se solo di nome, ma nel caso in cui venisse nominato un gruppo a me totalmente sconosciuto, credo che avrei cercato di riprudurre la stessa pronuncia dell’oratore.

      Sulle traduzioni dei titoli dei libri e dei film ci sarebbe molto da dire, ma mi limiterò a constatare che gli adattatori non ci hanno reso la vita facile e neanche il più talentuoso degli interpreti può conoscerli tutti, quindi in questo caso una delle cose più sensate da fare è dire il titolo originale. Poi, se la situazione lo permette e se in cabina si è connessi alla rete, si può fare una rapida ricerca e aggiungere anche il titolo nella versione tradotta. Certo, in alcune situazioni non è così semplice, ma non è neanche impossibile.

    • Emanuela Cardetta
      Posted at 17:56h, 08 Febbraio Rispondi

      Dimenticavo di aggiungere una cosa fondamentale: tu dici che non bisogna intervenire nella seconda casistica di errori, ma in alcuni casi il pubblico potrebbe sentire l’errore e imputarlo all’interprete e non all’oratore.

      Nella gestione della comunicazione interpretata, oltre alla fedeltà all’oratore e a quella al pubblico, non bisogna dimenticare di incrociare un’altra variabile importantissima: l’interprete deve tutelarsi, perché quando c’è qualche problema non c’è nulla di più semplice di dare la colpa a chi sta nel mezzo.

      Proprio per questi motivi, a volte a me sembra più giusto se non proprio correggere l’errore, almeno neutralizzarlo (terza soluzione da me proposta): in questo modo l’oratore è salvaguardato, il pubblico non perde nulla e io sono tutelata.

  • Michaela
    Posted at 20:06h, 08 Febbraio Rispondi

    Cara Emanuela, mi sono posta le stesse domande non una volta, se pur il mio lavoro di traduttrice non è mai stato al tuo livello di professionalità. Se riuscivo a individuare l’errore ed ero sicurissima di che cosa la persona voleva dire, tendevo di stare sul neutro, sulla terza opzione da te proposta. In realtà durante le mie traduzioni ho sempre avuto il modo di chiedere un chiarimento e non esitavo a farlo. Se dovessi avere dei dubbi e non potessi chiarire, avrei optato per la traduzione fedele all’originale “sbagliato”: il traduttore “non porta pena”. E se la mente superba sbaglia, in fondo non c’è niente di disumano :).
    In bocca al lupo per il tuo lavoro!

    • Emanuela Cardetta
      Posted at 20:36h, 08 Febbraio Rispondi

      Grazie Michaela per il tuo commento. Sono totalmente d’accordo con te: nelle traduzioni scritte anch’io chiedo sempre chiarimenti se mi viene qualche dubbio e se non è possibile lascio l’errore per rimanere fedele all’originale. A proposito, mi è venuta una curiosità: tu sei sia una traduttrice che una scrittrice, ma ti è mai capitato di essere tradotta da qualcun altro? In bocca al lupo anche a te!

      • Michaela
        Posted at 19:35h, 11 Febbraio Rispondi

        Per (s)fortuna non sono ancora stata tradotta: per sfortuna perchè ogni scrittorre vorrebbe vedere la sua opera tradotta in 20 lingue almeno :); per fortuna perchè sarei terrorizzata solo a immaginare quanti danni un traduttore può fare, se non entra in sintonia con l’opera! Sì, il lavoro di un traduttore letterario è spesso la carta vincente o perdente per il libro nella lingua in cui viene tradotto. E’ una bella responsabilità! In effetti, penso che se uno scrittore vuole essere tradotto bene, e conosce la lingua di arrivo, dovrebbe essere lui stesso a tradurre o almeno avere la possibilità di dialogare apertamente con il traduttore.

        • Emanuela Cardetta
          Posted at 08:11h, 12 Febbraio Rispondi

          Sì, anche secondo me il traduttore ha una grande responsabilità ed è fondamentale che l’autore dialoghi col traduttore e viceversa. Riguardo al tradurre da soli un proprio testo, mi viene in mente un articolo scritto da Jhumpa Lahiri apparso qualche mese apparso su Intenazionale in cui parla della sensazione di estraneità che prova mentre traduce verso l’inglese (sua madrelingua) un suo testo scritto in italiano: per me è stato molto sorprendente. Comunque ti auguro di veder tradotto il tuo libro in 20 lingue e di collaborare con ottimi traduttori!

          • Michaela
            Posted at 19:13h, 26 Febbraio

            Grazie, vedremo cosa porterà il futuro 🙂

  • lituopadania
    Posted at 08:47h, 10 Febbraio Rispondi

    Sì Emanuela, io opterei per lo schema di principio “correzione – non correzione” a seconda della tipologia di errore (uno/due). Ma è la mia idea; ho anche detto che questa non è una di quelle questioni con risposta certa. Occupandomi io di analisi matematiche, dove in genere non c’è molta arbitrarietà ed è chiaro come ci si deve comportare, sono attratto dalle situazioni più complesse. Quindi, per gli errori del secondo tipo, io mi aspetterei un non intervento dell’interprete. Lo dico provando a mettermi nei panni (a) del pubblico, (b) del tuo oratore, (c) del tuo capo (ammesso che tu abbia un capo).

    Se analizziamo il tuo lavoro e il mio (il discorso vale in realtà per moltissime professioni) ci rendiamo conto che noi siamo degli “agenti di trasformazione”: (1) riceviamo un input, (2) lo elaboriamo tramite un opportuno algoritmo, (3) produciamo un output.
    Sulla base dello schema sopra è dunque evidente che non può essere incolpato l’algoritmo se l’input è sbagliato. Se nel serbatoio della tua auto versi del whisky al posto della benzina non è certo colpa del motore se poi la macchina non si mette in moto.
    Pertanto sono rimasto un po’ sorpreso dal tuo discorso sulla tutela dell’interprete/traduttore e sul fatto che lei/lui sarebbero i primi a essere incolpati. Mi verrebbe da dirti: non preoccuparti perché, al di là (forse) della contingenza, alla lunga sarebbe evidente che tu non avresti colpe e anzi il fatto di “attenerti al copione” farebbe emergere tutta la tua professionalità.

    Nel caso del mio lavoro io ricevo dei dati che elaboro e poi trasformo in report e analisi. Se ricevo dati sbagliati nessuno mi dà colpe. Tuttavia nel mio caso è un po’ più semplice perché io ho anche la possibilità di capire se i dati che ricevo contengo degli errori. In tal caso segnalo la cosa e, anzi, questa mia attività di controllo è apprezzatissima. Quindi il mio lavoro, nella maggior parte dei casi, è più simile a quello di un traduttore che a quello di un interprete. In situazioni più sporadiche, magari qualcuno mi chiama al volo, mi gira un file via Skype e mi chiede un’analisi istantanea; ecco, in caso come questi sono anch’io un interprete 🙂

    In conclusione mi fa piacere che tu conosca i Van Halen e sopratutto voglio rinnovarti i complimenti per il post, che – come vedi – ha suscitato un dibattito interessante (a partire dal commento molto “logico” di fgpx78).

    A presto!

    • Emanuela Cardetta
      Posted at 09:06h, 10 Febbraio Rispondi

      Non mi era mai capitato di vedere il mio lavoro scomposto in termini matematici 🙂 Grazie mille dei commenti e a presto!

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