Anche i freelance hanno un welfare

E’ tutto vero, non è uno scherzo! Anche i freelance hanno alcuni diritti in fatto di welfare, anche se non tutti i diretti interessati ne sono a conoscenza. Io, ad esempio, non lo sapevo e ho fatto questa piacevole scoperta lo scorso aprile in occasione di TradPro 2019 a Pordenone grazie alla bellissima relazione di Samanta Boni di ACTA.

In questo post vorrei accennare in maniera sintetica e assolutamente non esaustiva ad alcuni dei diritti più importanti che la legge ci riconosce, segnalando fonti molto più autorevoli di questo post per chi volesse fare ulteriori approfondimenti. Ma prima di tutto, una premessa fondamentale: tutto quello che è scritto in questo post si riferisce in maniera specifica ai freelance iscritti alla gestione separata.

Maternità

Partiamo da un lieto evento: la nascita di un figlio. Lo Stato prevede due tipi di congedo: il congedo di maternità e il congedo parentale, proprio come per i dipendenti.

Il congedo di maternità ha una durata di 5 mesi (2+3 o 1+4 in relazione alla data presunta del parto) con un’indennità pari all’80% del reddito medio giornaliero di riferimento, che corrisponde al reddito dei 12 mesi precedenti il congedo di maternità (quindi non dell’anno di calendario), cosa che complica un po’ i calcoli.

Il congedo parentale, invece, ha una durata totale di 6 mesi, frazionabili, ed è possibile usufruirne fino ai 3 anni del bambino. L’indennità per il congedo parentale corrisponde al 30% del reddito medio giornaliero di riferimento (come sopra).

Malattia

Purtroppo la vita non è solo fatta di eventi positivi e purtroppo a volte capita di ammalarci. Anche in questo caso la legge ci fornisce una qualche forma di sostegno. Esistono due situazioni ben distinte: la degenza ospedaliera e la malattia domiciliare.

Cominciamo dalla prima situazione: la degenza ospedaliera. In questo caso abbiamo diritto a un congedo pari a un massimo di 180 giorni nell’arco di un anno solare con un’indennità giornaliera che va da 21,99€ a 43,98€ a seconda dei contributi versati nei 12 mesi precedenti.

In caso di malattia domiciliare, invece, lo Stato ci riconosce il diritto a un’indennità per eventi superiori a quattro giorni, fino a un massimo di 61 giorni nell’arco di un anno solare. L’ammontare dell’indennità per malattia domiciliare corrisponde alla metà di quella ammessa per degenza ospedaliera, sempre a seconda dei contributi versati nei 12 mesi precedenti.

Certo, non parliamo di cifre da capogiro, ma è già qualcosa. E soprattutto è un peccato non usufruire di questi diritti sia dal punto di vista simbolico che economico, visto che una parte delle imposte che paghiamo è destinata proprio a coprire i servizi di welfare previsti per noi.

E per finire, ecco alcuni link utili:

Le 10 virtù dell’interprete freelance (2)

Nello scorso post ho parlato di cinque virtù che secondo me non possono mancare a un interprete freelance. In questo post completerò la mia top 10 con altre 5.

Fiducia

L’interprete freelance lavora quasi sempre in squadra. Ci appoggiamo ai nostri colleghi quando siamo in cabina di simultanea e abbiamo bisogno di un suggerimento nei momenti di difficoltà, e dipendiamo dai colleghi di un’altra lingua per prendere il relais. In quei momenti dobbiamo fidarci, anche perché a volte non abbiamo scelta, e ricordarci che stiamo lavorando per lo stesso obiettivo: aiutare le persone a comunicare tra loro.

Lucidità

Non intendo che non bisogna arrivare in cabina ubriachi (cosa auspicabile :)), ma mi riferisco alla capacità di non farci prendere dal panico nei momenti topici: con discorsi molto rapidi, relatori ostici, quando parliamo in pubblico, ad esempio lavorando in consecutiva, o in presenza di un parterre particolarmente prestigioso. In quei momenti è normale che l’adrenalina si faccia sentire più del solito, ma bisogna riuscire a contenerla per dare il meglio di noi. Lucidità vuole anche dire riuscire a gestire i periodi di magra in maniera costruttiva: andare in panico non serve a niente, anzi è proprio in quei momenti che bisogna pensare a una strategia per uscire dall’impasse.

Lealtà

Dobbiamo essere leali prima di tutto nei confronti di noi stessi: per evitare che lo stress prenda il sopravvento è fondamentale riuscire a staccare quando il nostro corpo ce lo chiede, senza cercare di fare gli eroi. L’interprete deve inoltre essere leale nei confronti del cliente e di chi ascolta, cercando di trasmettere il messaggio nell’altra lingua nella maniera più completa possibile e senza distorsioni (evito volutamente il concetto di fedeltà perché è un termine controverso in ambito traduttivo). Infine, è fondamentale essere leali nei confronti dei nostri colleghi, evitando tassativamente di “rubare i clienti”, che oltre a essere eticamente sbagliatissimo, è anche il modo migliore per non lavorare più perché il mondo degli interpreti è un po’ come vivere in provincia: il paese è piccolo e la gente mormora.

Umiltà

Non mi risulta che esista un interprete immune dagli errori. Il nostro lavoro è difficile ed è inevitabile a volte sbagliare. Alcuni errori sono talmente piccoli da passare inosservati, altri invece sono potenzialmente molto pericolosi. Se ci rendiamo conto di aver detto una stupidaggine non trascurabile secondo me è molto meglio scusarci e/o correggerci il prima possibile per minimizzarne gli effetti piuttosto che disperdere energie inutili nel tentativo di nascondere il misfatto. Inoltre, umiltà vuole anche dire ricordare che il nostro ruolo non è mai quello di essere protagonisti, ma di permettere ad altre persone di comunicare tra loro.

Quel quid in più

Facciamo un lavoro a stretto contatto con le persone e tutti noi abbiamo un’inclinazione naturale a lavorare con coloro i quali ci troviamo bene. Quando è possibile e non sfocia nello sfruttamento, è sempre bello fare un gesto di generosità verso il cliente (come continuare a tradurre se il convegno finisce con 15 minuti di ritardo) o verso il collega (dargli un passaggio alla stazione): il nostro atteggiamento è la prima cosa che il cliente o il collega ricorderà di noi, prima ancora delle competenze tecniche.

Ovviamente la lista potrebbe continuare all’infinito. Voi quali virtù aggiungereste o cambiereste?

Le 10 virtù dell’interprete freelance (1)

Il lavoro dell’interprete freelance è l’antitesi della routine: ogni giorno ci ritroviamo a lavorare in luoghi diversi, con persone diverse e a discutere di temi diversi. Vivere del nostro lavoro, svolgerlo al meglio e mantenere l’equilibrio psico-fisico senza soccombere allo stress o allo sconforto a volte non è facile e richiede attitudini personali che vanno ben al di là delle competenze meramente linguistiche e tecniche. In questo e nel prossimo post vorrei elencare 10 virtù che secondo me non possono mancare a un interprete freelance.

Capacità di ascolto

Ascoltare significa seguire con la massima attenzione il ragionamento del relatore tanto da riuscire persino a prevedere quello che sta per dire. Nella sua accezione più ampia, essere all’ascolto vuole anche dire avere la sensibilità di capire qual è l’obiettivo del nostro cliente e aiutarlo a raggiungerlo.

Serietà

Prendere il nostro lavoro sul serio vuol dire essere affidabili e consapevoli delle responsabilità che comporta e offrire il miglior servizio possibile, accettando solo incarichi che siamo certi di poter svolgere al meglio, preparandoci nel migliore dei modi, arrivando in orario e offrendo la soluzione più adeguata in base alle esigenze del cliente.

Pazienza

I primi anni di attività sono difficili per tutti: farsi conoscere richiede molto tempo, ma quando si semina bene prima o poi i frutti arrivano. Il lavoro dell’interprete è molto basato sul passaparola, e un cliente soddisfatto sarà sempre propenso a consigliarci a qualcuno, così come una collega che si è trovata bene a lavorare con noi potrebbe chiamarci se ha bisogno di essere sostituita.

Propositività

Questo punto si lega un po’ al precedente. La pazienza è fondamentale, ma non vuol dire che se non facciamo nulla i clienti verranno a bussare alla nostra porta: bisogna rimboccarsi le maniche, farsi venire qualche idea (iscriversi a un’associazione, frequentare un corso, stampare un volantino e distribuirlo alle fiere, ecc.) e trovare il modo più giusto per proporsi.

Flessibilità

E qui torno all’incipit di questo post: il lavoro dell’interprete è proprio l’antitesi della routine… sì, ma sia nel bene che nel male e a volte bisogna essere pronti a cambiare programma molto rapidamente. Esempio di vita reale: tempo fa ero a Parigi per un lavoro e il mio programma era prendere l’aereo per l’Italia l’indomani mattina, ma mi è arrivata la telefonata di un’azienda che aveva bisogno di un interprete il giorno dopo proprio a Parigi per una delicata trattativa programmata all’ultimo minuto. Mi sono presa 5 minuti di tempo per riflettere. Ovviamente nessuno mi obbligava ad accettare, stravolgendo i miei piani, ma mi sono fatta guidare dall’istinto e ho accettato. In questo caso la flessibilità ha pagato, perché ho conosciuto un cliente con cui mi sono trovata benissimo e con cui ho avuto modo di lavorare anche in seguito.

Quali sono le altre cinque virtù? Appuntamento al prossimo post 😉

L’ansia da vacanze del freelance

Le vacanze volgono al termine, ma per cercare di prolungare l’atmosfera vacanziera il più possibile, il post di oggi riguarda una patologia del freelance che si manifesta tipicamente in questo periodo: l’ansia da vacanze, detta anche ansia da abbandono del cliente.

I sintomi

Generalmente le prime avvisaglie si avvertono circa una settimana prima della data di partenza programmata, quando il freelance inizia a ricevere incarichi che è costretto a rifiutare perché sa di non poterli terminare in tempo prima della partenza. In questa prima fase il malcapitato freelance solitamente riesce bene o male a tenere sotto controllo l’ansia da vacanze ripetendosi come mantra frasi come queste: “Quest’anno ho lavorato tanto e merito di staccare la spina per un po'” o “Sono certo che il cliente mi rimarrà fedele”, ecc.

Purtroppo però la terapia di autoconvincimento a un certo punto perde efficacia e il primo picco si registra solitamente il giorno prima della partenza, al momento dell’impostazione della risposta automatica in caso di assenza. In quel momento il freelance viene assalito dalle sue più grandi paure: “Ci ho messo tanto a fidelizzare i miei clienti e ora li perderò tutti!”, “Mi offriranno il progetto della vita e una volta rifiutato non tornerà mai più!”. Insomma, prende il sopravvento la nostra vena pessimista.

In questa fase, il colpo di grazia potrebbe essere inferto dall’offerta di un progetto interessantissimo/molto ben pagato/entrambi il giorno prima della partenza. Per i soggetti più vulnerabili la tentazione di ritardare la partenza potrebbe essere fortissima, ma cedere in quel momento equivarrebbe a imboccare la via del non ritorno, quella che porta al mare sotto l’ombrellone col PC portatile sulle gambe. Se non vogliamo ritrovarci in quelle condizioni, è bene giocare d’anticipo.

La prevenzione

Innanzitutto per prevenire l’ansia da vacanze, il freelance dovrebbe tenere sempre a mente dei concetti base.

  • Se ho seminato bene, i miei clienti non saranno motivati ad abbandonarmi per il primo che passa.
  • Il riposo è fondamentale per ricaricare le batterie e fornire un servizio sempre migliore ai miei clienti.
  • E poi non bisogna mai dimenticare la cosa più importante: il lavoro è lavoro, per quanto stimolante ed entusiasmante sia per me, e oltre a quello ho una vita da vivere.

Al di là di questi concetti teorici, ci sono anche delle strategie pratiche che il freelance può mettere in campo per prevenire l’ansia da partenza.

  • E’ fondamentale, nonché molto apprezzato, comunicare l’assenza in anticipo ai clienti più affezionati, in modo tale che possano organizzarsi di conseguenza.
  • Se arriva un progetto appena prima della partenza (in particolare se si tratta di un cliente diretto), piuttosto che limitarsi a rispondere “Non sono disponibile”, è buona norma dare il contatto di un collega. Molti freelance preferiscono non dare ai clienti il contatto diretto di un collega perché temono che il collega possa rubare il cliente, ma io invece credo che ci siano molte più probabilità che il cliente torni da noi se ci prendiamo la briga di soddisfare un suo bisogno (anche se tramite un altro collega), piuttosto che abbandonarlo al suo destino. Senza contare che quando si passa del lavoro ad un collega solitamente il collega ha piacere a ricambiare il favore.
  • Quando invece siamo irreperibili, per evitare che il cliente riceva una risposta automatica che, sì, gli comunica la nostra assenza, ma comunque non risolve il suo bisogno, un’ottima strategia potrebbe anche essere inserire nella risposta automatica in caso di assenza il contatto di un collega (vedere punto precedente). Grazie a questa strategia si può  rispondere immediatamente alla richiesta del cliente anche quando non si è reperibili, ma purtroppo non l’ho ancora testata di persona perché non ho ancora trovato una persona di fiducia e con la mia stessa combinazione linguistica, ma spero di trovarla presto.

E voi avete mai sperimentato l’ansia da vacanze del freelance? Avete altri consigli per superarla?

 

Vita da freelance: come gestire i momenti di magra

Diciamocelo: per alcuni versi lavorare come freelance è fantastico. Non ci sono superiori antipatici da sopportare, non bisogna fare la lotta coi colleghi per prendere le ferie, compatibilmente con le scadenze si ha la libertà di organizzare il proprio lavoro e, se non si ha nulla da fare, ci si può tranquillamente concedere il lusso di andare a fare un bagno in piscina anche alle 3 del pomeriggio. Ovviamente non è tutto oro quel che luccica perché c’è uno scotto da pagare per questa libertà: un freelance non ha uno stipendio fisso, non ha le ferie e il congedo di malattia pagati e soprattutto non ha un flusso di lavoro prevedibile e tanto meno costante.

Nella mia esperienza, quest’ultima peculiarità è la più difficile da gestire. Soprattutto nei primi anni, un freelance passa da momenti di estasi, in corrispondenza di incarichi consistenti e soddisfacenti, a momenti di magra, in cui sembra che nessuno abbia più bisogno di noi e in cui, nelle fasi più acute, finiamo per rimpiangere il nostro caro vecchio lavoro da dipendente. E’ proprio in questi momenti che è fondamentale mantenere alto lo spirito e ricordarsi che i momenti di magra capitano a tutti e che non c’è motivo di disperarsi.

Al contrario, bisogna ricordare che i momenti morti possono essere preziosi perché ci offrono l’opportunità di dedicarci ad attività non sono piacevoli, ma anche utili, che però normalmente non abbiamo il tempo di fare. Sono proprio questi i momenti in cui possiamo gettare i semi che in futuro ci permetteranno di crescere professionalmente. Parlo di tutte quelle attività che arricchiscono il nostro bagaglio professionale di nuove competenze o che semplicemente ci rendono persone e, di conseguenza, anche professionisti migliori.

Ecco qualche esempio valido per il campo che conosco meglio, la traduzione:

Attività Potenziali benefici professionali
Ricerca di nuovi clienti Aumento del flusso di lavoro
Aggiornamento sito / CV / profili sui social network professionali Una maggiore visibilità aumenta le possibilità di trovare nuovi clienti
Fare rete e confrontarsi coi colleghi (online o di persona) Miglioramento delle competenze professionali e aumento del flusso di lavoro
Aggiornamento professionale (lettura articoli / ascolto contenuti nelle nostre lingue di lavoro) Miglioramento delle competenze professionali
Approfondimento di un campo totalmente diverso dal nostro (potremmo fare un corso di medicina / pittura / cinema… qualsiasi cosa solletichi il nostro interesse) Preparazione a un eventuale incarico su quel tema
Sport Mantenimento di un buono stato di salute psicofisico
Relax e ricarica delle batterie in vista della prossima ondata di lavoro Mantenimento di un buono stato salute mentale

E voi, freelance e non, avete altri suggerimenti per tenere lontano lo sconforto e mettere a frutto i momenti di magra?

 

Fare rete tra freelance

Anche se nell’immaginario collettivo il freelance è spesso ancora visto come un lupo solitario (vedi foto), ormai i tempi sono cambiati: chi si isola, rimane fuori dai giochi. Qualunque sia il tipo di lavoro che un freelance fa, avrà sempre bisogno di “fare rete”: collaborare, o per lo meno interagire, con altri professionisti del suo campo e/o con altre figure professionali. Se non siete convinti, ecco le prime 5 ragioni che mi vengono in mente per cui vale la pena farlo:

  1. Solidarietà (soprattutto nel momento in cui bisogna fare la dichiarazione dei redditi!)
  2. Contatti, che spesso si trasformano in incarichi futuri
  3. Informazioni (scambio di migliori prassi e confronto in caso di dubbi)
  4. Potere contrattuale 
  5. Arricchimento culturale reciproco

… a cui aggiungerei anche sorrisi, svagodivertimento, che non fa mai male.

Per relazionarsi coi colleghi, una delle possibilità è iscriversi ad un’associazione di categoria. Io ad esempio sono iscritta ad AITI (Associazione Italiana Interpreti e Traduttori). Invece, al di là di piccole collaborazioni occasionali limitate ad un obiettivo specifico, stabilire relazioni più o meno stabili con professionisti di altri settori è un po’ più difficile. Almeno questo è quello che ho sempre pensato, prima di frequentare il seminario “Fare impresa costruendo retiche si è svolto lo scorso 9 giugno nello spazio coworking del Talent Garden di Pordenone nell’ambito del progetto regionale Imprenderò 4.0.

Durante la giornata, il tema del “far rete” è stato declinato in vari modi, ma in quanto freelance, ho particolarmente apprezzato l’ultimo intervento, tenuto da Gianluca Fiscato e Cristiano Nordio, due dei fondatori di FrogMarketing, una rete di 20 professionisti dislocati in 4 regioni che forniscono servizi di marketing. Gianluca e Cristiano ci hanno raccontato di quanto abbiano tratto beneficio, sia dal punto si vista umano che professionale, dalla condivisione e dal superamento della “logica dell’orticello”. Ecco il loro freelance manifesto: