Qualche settimana fa sono stata contattata da un’azienda con cui non avevo mai lavorato direttamente, ma che aveva avuto i miei riferimenti da un’altra azienda facente parte dello stesso gruppo con cui avevo lavorato tempo prima. Si trattava di una richiesta per un servizio di interpretazione simultanea per un incontro della durata di due ore. Come sono solita fare, ho preparato un preventivo con il dettaglio di tutte le condizioni del servizio, con la specifica che lo avrei svolto insieme a un’altra collega.
Poco dopo, squilla il telefono. È il cliente, che ha una domanda sul preventivo: “Per questo genere di riunioni abbiamo sempre avuto un solo interprete, come mai nel preventivo vedo due interpreti?”. Confesso: le prime volte questa obiezione mi infastidiva. Avevo quasi l’impressione di dovermi difendere dall’accusa implicita di essere troppo esigente, di voler sfruttare il cliente o di non essere in grado di fare il lavoro da sola.
Ora invece, vedo queste richieste come una dimostrazione di interesse, ma soprattutto come un’opportunità per educare il cliente, spiegandogli con serenità quali sono le condizioni necessarie per permettere a un interprete di fare un buon lavoro, dunque, in definitiva per fare i suoi interessi. Del resto, basta mettersi nei panni del cliente per comprendere il perché di questa domanda: con ogni probabilità un/a collega prima di me, credendo di fargli un favore, ha voluto essere accondiscendente, accettando di lavorare in solitaria per due ore senza creare troppi problemi. Qualcosa, però, evidentemente non deve essere andato per il verso giusto, altrimenti il cliente non si sarebbe rivolto a me, giusto?
Intendiamoci, a volte mi è capitato di lavorare da sola, ad esempio durante incontri brevi (massimo un’ora), in cui è prevista la presenza di un tecnico audio pronto a intervenire in caso di problemi con cuffie e/o microfoni, o in riunioni in cui avevo già lavorato in precedenza e di cui potevo con ragionevole certezza prevedere le dinamiche. In questo caso però, come dicevo, l’incontro sarebbe durato due ore, il tema si preannunciava alquanto delicato, era la prima volta che lavoravo col cliente in questione e, per di più, mi era stato anche chiesto di fornire dei bidule. Insomma: sulla carta, il lavoro non si presentava per nulla come una passeggiata.
In queste circostanze, lavorare da soli in simultanea non è un atto eroico o generoso, ma piuttosto una scelta irresponsabile, per varie ragioni:
- si viola il codice deontologico di tutte le associazioni di interpreti che dicono chiaramente che per fare la simultanea bisogna essere in due. In questo post spiego perché – spoiler: no, non ha niente a che vedere con la leggenda metropolitana secondo cui le ragazze vanno in bagno sempre in due 🙂
- si crea un precedente, mettendo in cattiva luce i colleghi che legittimamente rifiutano di lavorare in quelle condizioni
- ci si mette nelle condizioni di rendere un cattivo servizio
- il cliente avrà forse risparmiato qualche soldino, ma potrebbe non essere soddisfatto, di conseguenza la volta successiva potrebbe andare a cercare altrove
Ma quindi, come è andata a finire? Il mio preventivo con due interpreti è stato confermato, il lavoro è andato bene e il cliente è rimasto soddisfatto, ma soprattutto, ho guadagnato la sua fiducia e, anche se per qualche motivo la prossima volta dovesse lavorare con un altro interprete, avrò la soddisfazione di aver contribuito, seppur in misura minima, a educarlo e a migliorare le condizioni di lavoro della nostra categoria.
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