L’Italia vista dall Slovacchia

 

Quando vado all’estero sono abbastanza abituata a vedere qualche tocco di italianità, almeno in apparenza: ovunque ci saranno sempre pizza, pasta, espresso, cappuccino, gelato, le canzoni di Toto Cutugno e di Albano e in alcuni casi anche panini (che ovviamente al plurale sarà paninis), latte (pronunciato latei), ciabatta (pronunciato chiabatta), tortellini (con la variante tortollini).

Ma mai avrei immaginato che in Slovacchia avrei trovato così tanti riferimenti all’Italia. Ecco una lista di quelli che ho trovato in appena 10 giorni: un ombrello di marca Piove, un negozio di abbigliamento chiamato Splendida ed uno chiamato Essere, un giornale dal titolo Nota Bene, lo zucchero Paparazzi, il caffè Dolce Positivo, le patatine Senza, le sedie Sedya. Oltre a questo, ho assistito ad uno spettacolo teatrale durante il quale è stata riprodotta una canzone italiana (a me totalmente sconosciuta, ma questo non è importante).

Sembrerebbe quindi che in Slovacchia l’Italia desti un certo fascino – ho pensato lusingata. Questo almeno fino a ieri sera, quando ho scoperto che in slovacco esiste il modo di dire “Ty si Talian” (traduzione letterale “Tu sei italiano”) che equivale a “Sei tardo nella comprensione”. Come non detto – ho pensato avvilita.

Qualche consiglio per interpreti alle prime armi

5 anni (nella migliore delle ipotesi) di studio, passione, dedizione, sacrifici (economici e non), rinunce, critiche non sempre facili da digerire, resistenza (anche fisica) per ottenere il titolo di Interprete di Conferenza che però non equivale ad una garanzia di iniziare davvero una carriera nel campo. Un problema che quasi tutti i laureati in “Interpretazione di Conferenza” si trovano ad affrontare una volta terminati gli studi, soprattutto da qualche anno a questa parte, complici l’aumento dei laureati in interpretazione e la contrazione del mercato.

Per questo è fondamentale agire con intelligenza ed applicare strategie efficaci. A questo proposito, ho molto apprezzato i consigli dispensati da Fanny Chouc in 3 utilissimi post intitolati From gown to booth: turning your degree into a job pubblicati sul blog del Department of Languages and Intercultural Studies (LINCS) della Heriot-Watt University di Edimburgo. Buona lettura!

Curiosità sulla lingua francese

Girando in rete ho scovato questo post pieno di curiosità riguardanti la lingua francese che sicuramente interesserà tutti i colleghi francesisti.

Al di là delle varie cifre passate in rassegna, la curiosità che mi ha colpito maggiormente è la lista dei lemmi entrati nell’edizione 2013 del dizionario Le Petit Robert 2013, di cui cito fra gli altri: “indignés” (indignados), “anosognosie” (anosognosia, il deficit di memoria diagnosticato recentemente a Jacques Chirac), “psychoter” (paranoico), “comater“ (essere in uno stato simile al coma), “agence de notation” (agenzia di rating), “dette souveraine” (debito sovrano), “cyberdépendance” (cyberdipendenza).

Questa lista purtroppo sembra riassumere fedelmente con parole chiave le vicende avvenute negli ultimi mesi. A questo punto non vedo l’ora di vedere la lista dei nuovi lemmi dell’edizione 2014, sperando lascino spazio a un po’ di ottimismo!

Uomo avvisato, mezzo salvato!

Che cosa più dei proverbi esprime i valori di una cultura attraverso una lingua? Mi ha sempre divertito scoprire come uno stesso concetto sia espresso attraverso un proverbio in modi a volte completamente diversi a seconda delle lingue.

Prendiamo ad esempio uomo avvisato, mezzo salvato: in italiano suona quasi come una minaccia (ed in effetti spesso lo è) mentre la versione francese un homme averti en vaut deux suona in modo molto meno tragico. Ancora più positiva è la versione inglese forewarned is forearmed: qui non solo il malcapitato a cui il provebio viene rivolto ha la speranza di salvarsi, ma può persino contrattaccare!

La mia versione preferita però è quella in gioiese, il dialetto del mio paese d’origine, Gioia del Colle (Ba). Il loro statt avvrtind!, (un mix tra “ti avverto” e “stai attento”) spesso accompagnato dal minaccioso gesto (occhi stretti, braccio teso e dita a forma di ok puntate dritte verso l’obiettivo dell’avvertimento) è stato l’incubo di molti bambini dediti alle marachelle. Questa versione è sicuramente quella di cui bisogna avere più paura: l’avvertimento c’è, ma la speranza di salvarsi non viene neanche menzionata!